MARTIRI D'ISTIA
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​Per noi il tempo si è fermato all'alba.
Storia dei Martiri d'Istia

Credits: Opera di Merve Bera Eskin, Busra Bozuyla, Erasmus Plus "Our memories and I", novembre 2018, Casa della memoria al futuro, Maiano Lavacchio. Foto di Luigi Zannetti
- Che ore sono? - domandò Alvaro.
- Non ci sono più orologi. Per noi il tempo si è fermato all'alba
con il fuoco che ha distrutto le nostre poche cose - sussurrò ancora Antonio.
E, calmo, piegò in quattro il foglio di carta a quadretti fitto sulle due facciate.

(G. Gianni, 1973)


Dal 22 marzo 1944 una tradizione ininterrotta

A Maiano Lavacchio, nel Comune di Magliano in Toscana, il 22 marzo 1944, furono fucilati dai fascisti 11 giovani che avevano rifiutato di arruolarsi nel costituendo esercito della Repubblica sociale italiana. La strage rientra tra gli episodi di Resistenza civile, passiva e senz'armi, un atto di disobbedienza che contribuì a minare la coesione e il controllo del territorio da parte del fascismo repubblicano, rappresentando, per la vasta indignazione popolare che suscitò e per le critiche all'interno dello stesso Partito fascista repubblicano, uno spartiacque nella storia della Resistenza maremmana. Per questa strage non c'è una “memoria divisa”: chiaro è il suo svolgimento, cristallina la responsabilità unicamente fascista. Se infatti le stragi e gli eccidi che colpirono i civili nella provincia di Grosseto si concentrarono prevalentemente nel corso della “ritirata aggressiva” tedesca (giugno 1944), in questo caso - siamo nel marzo 1944 - l’episodio rientra nella volontà delle autorità fasciste locali di riaffermare il pieno controllo del territorio e reprimere ogni forma di dissenso, mediante il ricorso al terrore preventivo.
L'uccisione di 11 inermi lasciò una cicatrice profondissima nella memoria collettiva grossetana, per la giovane età delle vittime, l'immagine della loro innocenza, per la crudeltà e la barbarie dei carnefici, per il gesto coraggioso del
parroco d'Istia d'Ombrone, don Omero Mugnaini, che sfidò le autorità fasciste opponendosi al divieto di dare sepoltura alle vittime.
Maiano Lavacchio si è trasformato sin da subito in simbolo della rinascita della Maremma dall'oppressione nazifascista.
A tenere viva la memoria di questa strage contribuirono l’immediatezza dell’inchiesta del CPLN, il desiderio di giustizia dei familiari, la partecipazione spontanea di numerosi testimoni all'inchiesta e il coinvolgimento di diverse comunità della provincia. Nell'insieme, la costruzione di una memoria forte, alimentata con continuità dalla società civile e dalle stesse Istituzioni. Se per le famiglie l’elaborazione del lutto ha avuto tempi lunghissimi, la memoria pubblica ha trovato le forme di una narrazione - teatro, letteratura, scultura, pittura, musica - che il tempo non ha distorta, né privata di pathos.


​A distanza di quasi ottant'anni, la memoria di ciò che accadde rimane come patrimonio collettivo della comunità grossetana; la prima commemorazione si tenne a Istia d’Ombrone il 22 luglio 1944, a 4 mesi dalla strage. Vi parteciparono oltre 1.500 cittadini, il prefetto, pubblici funzionari, membri dell’Allied Military Government e del CPLN. Dall'anno successivo la commemorazione a Maiano Lavacchio è divenuta tradizione che coinvolge tutta la popolazione, interrotta solo a causa della pandemia. Ma se è vero che le difficoltà sono anche opportunità, allora le restrizioni imposte dall'emergenza sanitaria diventano oggi occasione per un approfondimento, in attesa che si possa tornare a onorare la memoria dei "ragazzi" nel luogo dove hanno perso la loro vita.

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