MARTIRI D'ISTIA
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​La memoria
​nei luoghi e nell'arte
​tra tradizione e innovazione

Le tradizione del cum memorare

"Commemorare", dal latino cum memorare, ricordare insieme.
E insieme hanno ricordato fin dal luglio 1944, tutti gli anni ininterrottamente, i cittadini e le Istituzioni della provincia di Grosseto.
​Impossibile dare conto di tutte le cerimonie. Ne documentiamo qui solo alcune con fotografie e documenti provenienti dal fondo archivistico dell'ANPI provinciale di Grosseto e dall'Archivio Isgrec. Ogni anno la presenza istituzionale dei Comuni di Grosseto, Magliano in Toscana e Cinigiano non è mai mancata, così come la presenza di cittadini e studenti. E' ormai tradizione l'affiancare ai discorsi istituzionali la voce dei giovani, che spesso si sono espressi con il linguaggio dell'arte.
1-6: Commemorazione a Maiano Lavacchio (1973). L'orazione fu tenuta dal primo presidente dell'Isgrec, Avv. Francesco Chioccon (Archivio ANPI, B. I-38)
7-14: Inviti alle commemorazioni (Archivio ANPI, B. I-38)
15-19: Orazione di Giovanni Maria Flick, all'epoca (2002) giudice della Corte Costituzionale (Archivio ANPI, B. I-38)
20-30: Immagini delle commemorazioni più recenti (Archivio Isgrec)
Gli studenti dell'Istituto Agrario Leopoldo II di Lorena con il chitarrista Michele Lipparini, commemorazione del 22 marzo 2016

"Memorie di pietra" e toponomastica

La memoria degli 11 ragazzi di Maiano Lavacchio è impressa in molti luoghi.
I primi segni di memoria li troviamo a Maiano Lavacchio, nel luogo della strage. Sono presenti un tempietto votivo, conosciuto da tutti come "la chiesina", fatto costruire dalla famiglia Matteini proprio nel punto in cui i ragazzi furono uccisi. Poco distante, il monumento fatto installare dal Comune di Magliano nel 1964.

1-3 Foto storiche della chiesina a Maiano Lavacchio fatta costruire dalla famiglia Matteini (la prima proviene dall'Archivio C. Barontini; le altre due dall'Archivio della famiglia Passannanti)
4. La lapide sulla facciata della chiesina
5. La chiesina come si presenta oggi
​6-11: interno della chiesina
12-14: Monumento ai martiri d’Istia  realizzato dal Comune di Magliano in Toscana a Maiano Lavacchio nel 1964

Corrado ed Emanuele Matteini, Silvano Guidoni, Rino Ciattini, Alvaro Minucci e Alcide Mignarri riposano nella cappella della famiglia Matteini nel cimitero di Istia d'Ombrone, mentre Attilio Sforzi e Mario Becucci sono stati dopo la Liberazione traslati al cimitero di Sterpeto nel capoluogo.
1-6: la cappella della famiglia Matteini a Istia d'Ombrone. (Credits: foto di Alessandro Bargellini pubblicate su: www.resistenzatoscana.org/monumenti/grosseto/cappella_dei_caduti_di_istia_d_ombrone/)
​7-8: Tombe di Becucci e Sforzi nel cimitero di Grosseto (Foto di Marco Grilli)

L’intitolazione di strade, piazze o di edifici è una cosa importante: è la città che si nomina, che si identifica, che si qualifica, e lo fa richiamando eventi e persone che hanno lasciato un segno nella comunità. L’identità culturale di una civitas e le sue radici storiche si manifestano anche in ciò che la città stessa ha deciso di ricordare nel tempo.
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A Grosseto è dedicata alla memoria degli 11 ragazzi piazza Martiri d'Istia, nel centro della città.
A Istia la toponomastica ricorda con l'intitolazione di vie i fratelli Matteini, Alcide Mignarri, Silvano Guidoni.

1-2; Piazza Martiri d'Istia a Grosseto (clicca qui per visualizzare su Google Street View)
3. Via Fratelli Matteini a Istia d'Ombrone (clicca qui per visualizzare su Google Street View)

A Cinigiano la memoria dei ragazzi è onorata attraverso una lapide.
​La cappella nel cimitero di Cinigiano dove riposa Alfiero Grazi, il cui feretro fu traslato nel dopoguerra, fu decorata dal disertore tedesco "Gino", che era stato accolto dalla famiglia Grazi come un figlio; purtroppo i segni del tempo hanno cancellato gli affreschi del pittore tedesco e non è stato possibile trovarne documentazione fotografica. 
1-6: foto dell'esterno e degli interni della cappella della famiglia Grazi (Foto di Rossella Micheloni)
7: foto della cerimonia di traslazione a Cinigiano della salma di Alfiero Grazi

Ad Antonio Brancati sono dedicati a Ispica una lapide, posta nell'agosto 1945, una piazza e lo stadio comunale (Antonio era un ottimo atleta ed ha militato nella squadra locale di calcio, l'Hispica). Il suo nome è presente anche nella lapide che all'Università di Catania ricorda gli studenti caduti nella seconda guerra mondiale; studente di medicina quando fu chiamato alle armi, il Magnifico Rettore dell’Università di Catania nel 1947 lo proclamò dottore in Medicina e Chirurgia.
1. La lapide inaugurata a Ispica nell'agosto 1945 (Archivio famiglia Brancati)
2. Lapide all'Università di Catania (Archivio famiglia Brancati)
3-4. Piazza A. Brancati a Ispica (Archivio famiglia Brancati - cliccare qui per visualizza su Google Street View)
5-6. Lo stadio comunale di Ispica (Archivio famiglia Brancati)

Una lapide ricorda il sacrificio di Antonio anche nella cappella cimiteriale della famiglia a Ispica. La salma fu traslata nell'ottobre 1967. In quell'occasione l'avv. Francesco Chioccon tenne ad Ispica un discorso che, trascritto dal magnetofono, è stato pubblicato in "La Maremma contro il nazifascismo", volume curato da Nicla Capitini Maccabruni (1985). 
1. La tomba della famiglia Brancati a Ispica con la lapide che ricorda Antonio (Archivio famiglia Brancati)
2-7. Documenti relativi alla traslazione della salma con il programma delle cerimonie a Grosseto (Archivio ANPI Grosseto)
​8-12: la trascrizioe del discorso dell'Avv. Chioccon a Ispica, 14 ottobre 1967
13-14: la cerimonia a Ispica, 14 ottobre 1967 (Archivio famiglia Brancati)


Ad Alfonso Passannanti è stata intitolata nel 2001 una piazza nel paese natale, Serre.
La salma fu traslata da Istia dopo la Liberazione, dapprima tumulata insieme al nonno, in seguito spostata nella cappella della famiglia del fratello Raffaele Passannanti. Il suo nome è ricordato tra i caduti tra i caduti della seconda guerra mondiale in una stele commemorativa posta nel 2019 accanto al monumento ai caduti.
1-5: Inaugurazione della piazza dedicata ad Alfonso Passannanti a Serre nel 2001 e foto attuali della piazza
​6: La prima tomba di Alfonso Passannanti 
​7-10: Esterno ed interni della cappella della famiglia Passannanti al cimitero di Serre dove è attualmente tumulato Alfonso 
​11- 13: La piazza a Serre con il monumento ai caduti e la stele commemorativa posta nel 2019
(Credits: (Archivio della famiglia Passannanti)

La tradizione popolare nei canti e nell'ottava rima

Il dramma di un episodio come quello di Maiano Lavacchio ha immancabilmente lasciato traccia anche nelle forme espressive delle tradizioni popolari. In effetti, fra le numerose forme di elaborazione artistica della strage, prevalse inizialmente la narrazione strutturata in forme capaci di "passare di bocca in bocca". Ad accompagnare i primi momenti di ricordo pubblico e privato vi sono le canzoni in ottava rima, i cui testi sono stati conservati anche grazie alla presenza a Grosseto dell'Archivio delle tradizioni popolari e per merito dell’interesse personale di uno dei suoi maggiori esperti, Corrado Barontini. 

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​Fra quelle conservatesi, perché circolate in fogli volanti diffusi nelle fiere e nei mercati grossetani, vi sono le versioni di Severino Cagneschi, poi incisa in collaborazione con Eugenio Bargagli negli anni Sessanta, quella di Natale Crescioli, che all'epoca dei fatti era sfollato al podere "Sdriscia", e quella di Francesco Benelli, che il poeta estemporaneo aveva fatto stampare a proprie spese nel 1945 (C. Barontini, F. Bucci, 2003); accade che via via ne emergano di nuove, a volte anonime, a volte invece precisamente attribuibili e databili, come quella del poeta Gino Bardi di Pescina, frazione del comune di Seggiano, scritta il 24 dicembre 1945.
​L'ottava rima, il canto popolare costruito su versi poetici improvvisati, rappresenta una delle tradizioni italiane di poesia estemporanea più vitali e diffuse della Toscana. Consiste nell'esecuzione cantata estemporanea di una strofa poetica corrispondente a quella che, in metrica costituita da otto versi endecasillabi che seguono lo schema rimico A-B-A-B-A-B-C-C. La melodia sillabica è per lo più omoritmica con prolungamento delle note corrispondenti agli accenti forti del verso poetico e della nota conclusiva di ogni verso, mentre la strofa musicale ha forma binaria, con otto versi suddivisi musicalmente in due quartine tra loro uguali. ​

1-2: Componimento in ottave sui martiri d’Istia, anonimo e non datato, ritrovato tra i documenti di Rosadele Sforzi, sorella di Attilio.
3-4; "Strage dei martiri di Istia d'Ombrone" di Severino Cagneschi, in collaborazione con Eugenio Bargagli (versione incisa su Disco Maremma, canta Mirella Bargagli; manoscritto: Archivio C. Barontini)
5: copertina del disco con la canzone di S. Cagneschi, cantata da Mirella Bargagli
6-7: "Storia del rastrellamento nazifascista del 23 marzo 1944", Autore Gino Bardi di Pescina, Seggiano, 1945 (l'ottava rima si riferisce ad un altro episodio della Resistenza)
8-9: 
Componimento in ottava rima di Francesco Benelli "Storia dell'undici martiri. Maiano Lavacchio", 1945
10-12: 
"Rastrellamento nazifascista del 22 marzo 1944", Autore Gino Bardi di Pescina, Seggiano, 1945

In ordine di tempo, le ultime "parole in musica" in memoria dei ragazzi di Maiano Lavacchio sono quelle di Dino Simone, che con la canzone "11 agnelli" ha vinto nel 2019 il premio nazionale dei cantastorie "Trofeo Daffini".

La ricostruzione delle vicende storiche della strage di Maiano Lavacchio, quindi, deve necessariamente tenere anche conto del complesso rapporto tra la conservazione del ricordo privato e la costruzione di una narrazione pubblica, così come del processo di cristallizzazione e al tempo stesso di rielaborazione dei fatti. Un processo che, nel caso dei Martiri d'Istia, iniziò fin da subito dopo la strage e si strutturò, in un complesso intreccio fra memoria orale, documenti e testimonianze (quelle precoci raccolte dall'inchiesta del CPLN di Grosseto, ma anche quelle raccolte successivamente), in una narrazione funzionale al processo e al contesto politico dell'immediato dopoguerra.
Ne è esempio l'opuscolo del comunista Manfredo Magnani, La strage di Istia d'Ombrone, pubblicato a caldo nel 1945 con lo scopo dichiarato di contribuire, il giorno in cui i responsabili sarebbero stati chiamati a render conto dell'eccidio, "a far aumentare la condanna al carcere per taluni, ed a mandare al muro, davanti al vindice plotone d'esecuzione, qualche altro". In questo testo emerge con forza un'identificazione marcata fra gli 11 giovani renitenti e il movimento partigiano che caratterizzò la prima fase della memoria di Maiano Lavacchio. Nel testo si specifica riguardo ai giovani di Monte Bottigli che "tale 'banda', composta quasi totalmente di elementi legati tra loro da vincoli di parentela o di vecchia amicizia, non poteva ritenersi, né doveva essere considerata alla medesima stregua di una vera e propria formazione partigiana attiva e operante"; sta di fatto, però, che la narrazione indugia molto sull'intensificarsi dopo l'8 settembre 1943 dell'azione delle bande nel territorio provinciale e accentua le presunte intenzioni degli 11 giovani di incontrarsi con i fascisti "per battersi disperatamente, ed all'ultimo sangue".
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Anche il continuo riferimento a loro con i termini "partigiani", "patrioti" o "ribelli", finisce per assimilarli esplicitamente a "prodi caduti eroicamente per la difesa della libertà dei propri simili", la cui morte è descritta come "olocausto generoso, una dedizione assoluta e completa". Insomma, se i fascisti avevano tentato di accreditare l'idea di un'azione di guerra contro dei ribelli in armi, la mitologia antifascista del dopoguerra vorrebbe gli 11 giovani almeno partigiani “in formazione”, dando valore primario alla Resistenza "in armi" rispetto ad altre forme di Resistenza.
La retorica che vede quale unica forma di Resistenza quella in armi lascia spazio con gli anni a una ricostruzione storica degli eventi e a una narrazione completamente diversa. Una rielaborazione che ben emerge, ad esempio, dal lavoro di Fausto Bucci, profondo conoscitore delle fonti per la storia del fascismo e dell’antifascismo, e Corrado Barontini, che hanno conosciuto personalmente e in modo diretto molti testimoni, raccogliendone i ricordi: ne è scaturita la pubblicazione (in due edizioni, del 1995 e del 2003) del volume A Monte Bottigli contro la guerra. Dieci ragazzi, un decoratore mazziniano, un disertore viennese. Fra oralità e storia, che ricompone, avvalendosi principalmente di fonti orali, la storia dei Martiri d'Istia in un mosaico di voci di coloro che "li avevano amati, apprezzati o semplicemente conosciuti". E' qui ben delineata l'identificazione dei renitenti con dei "pacifisti", ribadito quel loro "rifiutare la guerra e per questo darsi alla macchia, senza un progetto politico di gruppo, semplicemente per non uccidere e sognando di non morire precocemente". Una narrazione che, con il passare degli anni e con il sostanziarsi di una memoria che fa emergere con forza la scelta di Resistenza civile e non in armi dei ragazzi, finisce oggi per prevalere nella memoria collettiva ed è quella più aderente ai fatti: gli 11 giovani, gli 11 agnelli, sono quelli che fanno "la scelta per la vita, la pace (con le corse alle case per il ballo e i corteggiamenti)" che si contrappongono alla violenza della guerra e alla scelta dei "ragazzi di Salò".
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Una contrapposizione tra sistemi di valore - quella che implica "la scelta" del pacifismo - che riemerge con forza anche dai dialoghi che lo scrittore Guido Gianni immagina fra i giovani di Monte Bottigli da una parte, e i fascisti dall'altra nel racconto Nell’ombra delle stelle. La rielaborazione della strage è in questo caso affidata alla letteratura, con la pubblicazione nel 1973 con la casa editrice locale “Il paese reale” dell'opera di Guido Gianni, autore assai prolifico, ma che ha dato qui forse il meglio per linguaggio e intensità della narrazione. Ispirato liberamente dai fatti, l'autore dedicò il racconto ai suoi figli, in quel momento della "stessa età di Alvaro Minucci quando fu assassinato"; nell'introduzione alla seconda edizione del 1977 si rivolse nuovamente ai giovani con il monito: ​"furono trucidati. Ma lo furono perché portarono fino in fondo la loro volontà di combattere il fascismo. E i tempi, anche oggi, consigliano di riflettere sul loro non vano errore"
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​(dialogo tra Becucci e Roberto Nuzzi che lo ospita)

- Ieri sera, in una riunione segreta, mi hanno detto che nella macchia di Monte Bottigli c'è una banda: è la più vicina e la meno numerosa. Ma io penso che non sia una banda vera e propria: si sono rintanati nel tentativo di sbarcare questi pochi giorni.
- E anche a me, francamente, non va di continuare la guerra, – disse Mario.
– Penso così anch’io; ma dobbiamo fare una scelta come quelli lassù, – precisò Roberto.
– Certo! – disse Mario. – Con tutti meno che con i tedeschi e i fascisti.
– Ci hanno trascinato all’inferno… – sussurrò Roberto.


(dialogo tra due dei carnefici)

– Quello che conta: niente processi! – sussurrò deciso il federale.
– O si spara subito o non ci si muove! – precisò ancora con un gesto perentorio delle mani.
– Certo! Anche i tedeschi…
– I tedeschi un cazzo, – disse eccitato il gerarca. – Abbiamo deciso noi e basta!
– Ma certo, ma certo! Domani porterò io gli uomini all’assalto e i tedeschi saranno lì a guardarci.
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L’anno successivo il regista Mario Sermoni portò in scena la piéce teatrale dedicata agli 11 martiri, Oltre il ponte, rappresentata per la prima volta a Grosseto nel 1974. A ispirarne il titolo fu un testo, poi musicato, di Italo Calvino, in cui un verso ripetuto – avevamo vent’anni – e il suo intero significato parvero evocare la storia dei ragazzi di Maiano Lavacchio.

Sempre sul piano della rappresentazione teatrale, terreno fertile per la rielaborazione artistica dell’episodio, si colloca uno spettacolo del 2006, AG46. Atto Unico sulla Resistenza, di e con Luca Bonelli (realizzazione NONE; supervisione e consulenza storica dell'Isgrec). L'innovativo atto unico, con un solo attore in scena che interpreta il capo della provincia Alceo Ercolani con i suoi ordini, la condanna e il rapido oblio di una colpa mai espiata, è un efficace tentativo di sintesi tra costruzione artistica e ricostruzione storica.
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Locandina dello spettacolo AG46. La sigla AG sta per "atti giudiziari'

Al tempo della rappresentazione di Ag46, non era stata ancora scritta una storia compiuta della vicenda, cosa che avverrà nel 2014, dopo molti anni di ricerche, con il IV volume della collana Isgrec/Effigi: Per noi il tempo si è fermato all'alba. Storia dei Martiri d'Istia, di Marco Grilli, a cui questa mostra virtuale è ampiamente debitrice, non solo per il titolo - la prima parte del quale è una delle battute che Guido Gianni fa dire a uno dei ragazzi in "Nell'ombra delle stelle"- ma anche per la ricerca rigorosa di fonti e documenti, per la sostanziale interpretazione storica degli eventi e per i testi a corredo delle varie sezioni.
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1-4: Pedalare Resistere Pedalare! Percorsi di Liberazione, 2013
5-7: Maiano Lavacchio, 28 aprile 2013, Reading 22 Marzo 1944. Meditate che questo è stato
Vi è poi l'impegno recente per una nuova valorizzazione dei luoghi di memoria, la cui ideazione è stata via via ricalibrata nel tentativo di vincere la sfida dei nuovi linguaggi e delle nuove sensibilità. Ne è un esempio estremamente attuale la ricostruzione del “sentiero dei martiri d'Istia”, quello compiuto da chi accompagnò i feretri dei ragazzi da Maiano a Istia per dare seguito alla sepoltura disobbedendo all'ordine fascista. Il percorso compiuto dalla triste carovana di 5 carri è stato ricostruito grazie alla testimonianza di Ernesto Simoni, raccolta nel 2008 dal ricercatore dell'Isgrec Marco Grilli. Nell'aprile 2013 (ma l'esperienza è stata ripetuta altre volte) il sentiero della memoria è stato ripercorso da ciclisti esperti e meno esperti nel corso dell'iniziativa “Pedalare Resistere Pedalare! Percorsi di Liberazione”, che ha visto la collaborazione dell'Isgrec con l’associazione FIAB-Grossetociclabile. Recentemente il sentiero della memoria è stato percorso anche da gruppi di nordic trekking.

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In occasione del primo Pedalare Resistere Pedalare!, fu organizzato anche il reading 22 Marzo 1944. Meditate che questo è stato, con gli attori Enrica Pistolesi e Luca Bonelli a ridar voce a fonti, testi e documenti, e il chitarrista Michele Lipparini a dar suono alle emozioni.

Nel 2016, nell'ambito del progetto "Cantieri della memoria. Dalle pietre al digitale", portato avanti da associazioni e Istituzioni di 3 diversi Comuni, fu installato un cartello informativo a Maiano che ripercorre brevemente gli avvenimenti, rimandando ad approfondimenti nel web tramite un codice QR. Il progetto aveva come obiettivo quello di alimentare nelle nuove generazioni la cultura della memoria, partendo dalla valorizzazione di risorse che già esistono in una provincia ricca di segni del passato: monumenti, toponomastica, tracce lasciate nei luoghi da eventi, che hanno contribuito a costruire la realtà sociale presente.
Il giorno dell'inaugurazione fu anche l'occasione di ripercorrere in bicicletta il sentiero della memoria (quell'anno proprio a Grosseto si teneva la XXVIII edizione del Cicloraduno nazionale della FIAB).
Il cartello posto il 24 giugno 2016 a Maiano Lavacchio dal progetto
​Cantieri della Memoria. Dalle pietre al digitale

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